giovedì 25 gennaio 2024

Lorenzo Cellupica - 'In A Haunted House'

Lorenzo Cellupica è probabilmente meglio conosciuto nei circoli del progressive rock (indirizzo: jazz rock) per il suo coinvolgimento come tastierista negli eccellenti Möbius Strip. Scoprire questo suo In A Haunted House ha rappresentato una piacevole sorpresa. Cellupica usa qui solo il pianoforte ed è interessato a portarci in una direzione non esattamente diversa da quella dei Möbius Strip: lo stile è sicuramente espressionista (e qui ci siamo), ma In A Haunted House è un lavoro molto personale, più "classico" e ad ogni modo più "colto". Ci pare di cogliere echi di Debussy, addirittura di Musorgskij, con qualche passaggio atonale e salite e ridiscese che sarebbero piaciute a un Rimskij-Korsakov. (Poiché il jazz è stato anticipato dalle innovazioni dei grandi compositori del XIX e XX secolo ed è compenetrato da tali nuove correnti.) 

Dall'inizio alla fine del CD, l'attenzione dell'ascoltatore è "intrappolata" in una serie di quadri e quadretti, motivi, invenzioni e improptu davvero geniali nella loro apparente semplicità costruttiva. Ma, se vi attendete un'opera leggiadra, frivola, siete completamente fuori binario. È l'esecuzione che ci fa apparire tutto così scorrevole e di (relativo) facile ascolto.



È una festa di note ed è arte. Le melodie fluiscono e fluttuano con emozione, un'emozione filtrata da un'ironia falsamente distaccata; si rincorrono, giocano con se stesse in una narrazione di storie concettualmente slegate, ma legate dal filo rosso del gesto musicale. Tra la varietà di tempi e una vasta gamma di stati d'animo, si individua effettivamente la posa, l'atteggiamento, la movenza... l'impulso creativo che attraversa il pentagramma.
"Spider" sembra imitare i movimenti di un ragno, ora frenetici, ora più tranquilli; "Eleventh Avenue" evoca la passeggiata lungo un viale di una metropoli come New York...
Il romanticismo obliquo di "Round Midday" e "Anything To Say" forma stagni di riflessione che racchiudono, circondandola, la title track, ricca di cromatismi e che, davvero, ci fa intravedere gli spettri (irrequieti!) cui si riferisce il titolo. Tutti gli altri pezzi vanno altresì gustati e studiati con l'orecchio di chi è allenato a distinguere gli accenti a levare, i diminuendo inattesi, le progressioni. In questo senso, "Egg Dance" si presenta come uno dei brani più ricchi tra i 10 che compongono l'album, con la "visione" dell'uovo che danza sul getto d'acqua: immagine mai statica, non scevra di variazioni, che, sullo strumento dai tasti bianchi e tasti neri, si tramuta in una musica tra lo sbarazzino e il ponderato.
Notevole inoltre la versione che Lorenzo Cellupica ci offre di "We Can Work it Out": omaggio al geniale duo McCartney-Lennon.




Un bel regalo, lo sottolineiamo. Una serie di composizioni che, interpretate con seriosa naturalezza, vogliono invitarci quasi a fermarci e ad andare un po' indietro nel tempo, per circondarci di cose essenziali, cose non banali ma caratterizzate da un'intelligenza  rigogliosa.

venerdì 16 giugno 2023

Wynton Marsalis: "Jazz in Marciac 2009" (intero)


Wynton Learson Marsalis, nato a New Orleans il 18 ottobre 1961, è uno dei più noti trombettisti contemporanei.
E' il secondo di sei figli di Ellis Marsalis (un pianista jazz). L'attitudine alla musica si mostrò prestissimo in lui; iniziò a suonare la tromba a 12 anni e a 14 già si esibiva con la New Orleans Philharmonic. Dopo queste e altre esperienze di jazz tradizionale, nel 1980 (19enne) entrò a far parte degli Art Blakey's Jazz Messengers.
Dal 1982 è attivo come docente.

Viene considerato un portavoce del polo "conservatore" del jazz; Wynton infatti rigetta gli sviluppi stilistici succedutisi dalla fine degli Anni Sessanta in poi (free jazz, fusion ecc.). Tali idee tuttavia non gli hanno impedito di partecipare all'album Epitaph di Charlie Mingus (etichettato "third stream": nodo di congiunzione tra la Nuova Musica - Neue Musik [John Cage, Stockhausen, Terry Riley e dintorni] - e il jazz moderno o modern jazz [bebop, jazz modale ecc.]) così come a Lush Life: The Music of Billy Strayhorn di Joe Henderson.

In qualità di insegnante al Lincoln Center di New York ("Our mission is to preserve our national music: jazz!"), acquistò abbastanza prestigio negli Anni Novanta.

Uno dei suoi più celebri sostenitori è il musicista e scrittore Stanley Crouch, il quale afferma che solo la musica che affonda le sue radici nello swing può chiamarsi "jazz". Una visione alquanto ristretta del genere, e difatti tale opinione viene condannata da numerose eminenze del jazz: Scott Yanow in primis, ma anche il trombettista Lester Bowie, il pianista Keith Jarrett e altri.
Al New York Times Magazine Jarrett dichiarò nel 1997: "Non ho mai sentito qualcosa suonata da Wynton che significhi veramente qualcosa! Non ha né voce né presenza. Al massimo, riesce a suonare come un talentuoso insegnante delle superiori". Per Lester Bowie, Wynton Marsalis è addirittura uno "scervellato", un "malato di mente" "intrappolato in certe sue idee venutegli quando aveva 21 anni, dopo che lo hanno pagato per farsele venire".
Wynton si è attirato persino degli insulti dopo aver detto che Miles Davis "ha tradito il jazz con il rock" e "veste come un buffone". Tra lui e Davis nacque un tragicomico battibecco che durò anni...
Pierre Sprey, presidente dell'etichetta Mapleshade Records, chiosò nel 2001: "A 21 anni Marsalis era un bravo suonatore di tromba, ma nel gruppo di Art Blakey i colleghi lo surclassavano sera dopo sera. Lui non poteva competere, ecco perché si ritirò verso acque sicure! E' un buon trombettista classico, perciò pretende che il jazz sia musica classica. Non ha nessuna idea dell'evoluzione senza fine..."


Wynton Marsalis ha collaborato a un programma televisivo sul jazz realizzato dal famoso documentarista Ken Burns, programma anch'esso criticato perché snobbava l'avant-garde. (Il film, intitolato semplicemente Jazz -2001 -, si concentra principalmente sulle figure di Duke Ellington e Louis Armstrong...)

Wynton Marsalis, che ha vinto ben nove premi Grammy e un Pulitzer per la musica, collabora dal 2012 con la CBS.
Suo fratello maggiore è il sassofonista Branford Marsalis, specializzato in cross over (Branford ha suonato, tra gli altri, con Sting).
Il video sottostante mostra gli Art Blakey's Jazz Messengers in un concerto a Tokyo. Il brano è Blues March. Il secondo trombettista, insieme a Marsalis, è Terence Blanchard.

domenica 30 aprile 2023

In memoria di Ahmad Jamal

 Con la morte di Ahmad Jamal (1930-2023), dopo quella di Wayne Shorter, il jazz perde uno degli ultimi protagonisti di un tempo che ha segnato la storia del Novecento.

Ecco il pianista in un bello scatto di Roberto Sanna: Jamal è qui sul palco di 'Time In Jazz' nel 2011.



    Ahmad Jamal - 'The Awakening' (1970)

Nato come Frederick Russell Jones a Pittsburgh il 2 luglio 1930, si è spento a Sheffield (Massachusetts) il 16 aprile scorso. Cambiò il suo nome in Ahmad Jamal dopo la sua conversione all'Islam avvenuta nel 1950. 

Per sei decenni, nel ruolo di leader di piccoli gruppi, ha ottenuto un grande successo. Oltre a essere un Jazz Master del National Endowment for the Arts (NEA), ha vinto un Grammy alla carriera per i suoi contributi alla storia della musica.

Ha iniziato a suonare il pianoforte all'età di tre anni. A sette anni fu allievo di Mary Cardwell Dawson, che lo influenzò fortemente. Le sue radici a Pittsburgh sono rimaste una parte importante della sua identità ("Pittsburgh significava tutto per me e lo è ancora", ha detto nel 2001). Lì era immerso nell'influenza di artisti jazz come Earl Hines, Billy Strayhorn, Mary Lou Williams e Erroll Garner. Jamal ha anche studiato con il pianista James Miller e a quattordici anni era già un pianista professionista, lodato tra gli altri da Art Tatum. A un critico del New York Times, Jamal ha raccontato: "Ero solito praticare, e praticavo con la porta aperta, sperando che qualcuno passasse e mi scoprisse. Non sono mai stato uno stakanovista, nel senso di coloro che suonano dodici ore al giorno, però ho sempre pensato alla musica. Penso sempre alla musica".


    Ahmad Jamal - mix of songs

Suoi stili: jazz tradizionale, hard bop, modal jazz, cool jazz, post bop.

domenica 2 aprile 2023

Il 'Dante' di Nicola Alesini

 

 

L'immagine "in copertina" dell'Inferno di Pieter Huys (seguace di Hieronymus Bosch) introduce Dante: disco uscito non in formato fisico ma solo in quello digitale per la MP & Records. Qui Alesini è con un nuovo collaboratore: Fabrizio Cicero (ai drums).

I brani rispecchiano i “quadri” danteschi più noti. L'album è un estratto dalla registrazione live (su due tracce) di cinque concerti settimanali, dal titolo “Viaggi Immaginari tra Inferno e Paradiso”, tenutisi nel luglio 2009 in Piazza dei Ravennati a Roma.

Dante è uscito il 25 marzo 2023... dunque, per Dantedì! (Ascoltalo su Spotify.)



  Nicola Alesini: saxes, loops, loop machines, voce 
  Fabrizio Cicero: batteria


Tracklist
  1 "Nel mezzo del cammin" (4:09)
  2 "Nella città dolente" (6:15)
  3 "Caron Dimonio" (8:09)
  4 "L’Ora che volge" (6:39)
  5 "La bocca sollevò dal fiero pasto" (5:10)
  6 "Amor che…" (4:35)
  7 "Come sa di sale" (7:48)
  8 "La miseria" (4:14)
  9 "Diverse lingue" (7:00)
  10 "Quali colombe (3:14)
  11 "Ombre portate" (5:49)
  12 "Come d’autunno" (2:59)
  13 "A chi più sa più spiace" (5:43)
  14 "Vergine Madre" (3:23)


M.P. & Records
is a branch of G.T. Music Distribution di Antonino Destra
Via Municipio, 5
35019 TOMBOLO (Padova) ITALY Ph. +39 49 9470749
   email:
   mprecords@mprecords.it

                                                Link: Nicola Alesini su Spotify

 Un viaggio molto lungo quello di Nicola Alesini nel mondo della musica. E a un certo punto ecco l'incontro con l'autore della Divina Commedia, opera somma che, risaputamente, tratta proprio di un viaggio: un viaggio a tappe nei Tre Regni Ultraterreni. La musica spesso è come una nebbia blu, è evanescenza. Ma i brani - in questo come negli altri album del sassofonista romano -, avendo un titolo ben preciso, ci fanno collegare le note a un luogo o personaggio definito e, pur navigando nel sogno, l'ascoltatore si rende conto di avere a che fare con un messaggio netto e diretto. 

Qualitativamente, non c'è il minimo dubbio: il sax di Nicola Alesini è una garanzia; e alla qualità si abbina la forza narrativa. Ogni suo album ha un tema, un argomento, un concept centrale. Questo lavoro su Dante assomiglia, nelle risonanze, a Cities (uno degli output più noti di Alesini, registrato insieme a Saro Cosentino). Lì si trattava di passare di città in città; qui il viaggio ci porta da girone a girone. Ciò che maggiormente deve aver affascinato il musicista è il significato di certi canti danteschi, nonché il loro riscontro con la realtà odierna. Nella Commedia, abbiamo inoltre il topos della selva. E l'incanto dell'amore puro...

 Breve bio

Nicola Alesini è nato a Sanremo nel 1947. È ancora un bambino quando la sua famiglia si trasferisce a Roma. E, nella caput mundi, Nicola prenderà la laurea in Fisica.

Ancora adolescente, si appassiona per la musica: a tredici anni acquista un Melodica Honer e inizia lo studio del pianoforte. Sempre in età adolescenziale, si mette ad ascoltare dischi dei Soft Machine, Ornette Coleman, Gunter Shuller, Modern Jazz Quartet, i Nucleus di Ian Carr, Traffic, Weather Report. Proprio in questi ultimi, scopre l’amore verso il sassofono grazie a Wayne Shorter.



Le sue prime apparizioni pubbliche sono nel 1979 con il contrabbassista Gianluca Taddei. Parte poi una lunghissima discografia dove ogni contaminazione globale si fonde al jazz e alla musica elettronica: tale connubio (jazz + elettronica) diventa la cifra stilistica di Alesini ed è alla base della sua concezione di far musica.

Il musicista si muove sia nelle tradizioni, usufruendo delle atmosfere del Mediterranean Sound, sia nelle sperimentazioni, con riferimenti alla scuola jazzistica nord europea. Esordisce discograficamente nel 1988 con Mediterranea, insieme al pianista Andrea Alberti e al già citato Taddei. Suggestioni oniriche, introspezione, recupero della cantabilità e delle armonie del passato, oltre alla ricerca tecnica, sono gli ingredienti fondamentali delle sue composizioni, in una discografia già vasta e che si estende fino a oggi.

Nicola Alesini è stato anche sassofonista e storico collaboratore di fiducia di Claudio Lolli, nell'ultimo decennio di vita del cantautore bolognese. La cooperazione tra lui e Lolli ebbe inizio con l'album La scoperta dell'America, 2006, dove Alesini è presente nell'ultima traccia; dopodiché Lolli lo chiama a divenire suo arrangiatore e musicista anche per il futuro. 

In quello che risulterà essere il disco finale del rimpianto poeta-cantante, ossia Il Grande Freddo (2017), nella title track e poi nella riproposizione a chiusura del disco (la traccia n. 9: "Raggio di Sole [Il Grande Freddo Reprise]"), Nicola Alesini lascia la sua doppia firma, suonando magistralmente il tema e chiudendo l'album con una malinconica coda. Saranno anche le ultime note registrate da Claudio Lolli...

"Poesia senza parole": come tutti i brani del sassofonista. E come in Dante.



Ci sentiamo obbligati ad associare questo suo album sul celebre Vate a un altro suo prodotto, un prodotto recente: l'EP Un amore partigiano. E ciò perché siamo vicini al 25 aprile, in cui si celebra la liberazione dal nazifascismo, e non ancora lontani dallo scorso 25 marzo, che è appunto Dantedì.

Dante, già. In Dante stesso, il senso di giustizia e l'impegno civile sono ideali continuamente presenti, condizionandone le scelte di vita. L'Alighieri combatté persino in battaglie violente e sanguinose, rinunciando - sia pur involontariamente - alla libertà, dovendo subire la condanna dell'esilio...

Per Alesini la dedizione al bene comune è decisivo, come del resto testimoniato dalla sua partecipazione e presenza in manifestazioni e concerti di lotta; eppure, la sua musica risulta essere magia sonora, i suoi motivi, le arie, gli intercalari, non sono raffiche di mitra! L'impegno di Nicola Alesini si traduce nel sortilegio dei suoni.






            


Nicola Alesini usa i sassofoni attraverso gli effetti elettronici e, come detto, cerca di portare questi suoni anche alle ricorrenze e agli happenings di rilevanza sociale. (Per e con Articolo 21 per il giornalismo, Ossigeno per l'informazione, o l'ANPI.) Alesini è figlio di un partigiano (i suoi genitori si conobbero in Liguria durante la Resistenza: c'erano i rastrellamenti nazisti e sua madre, con l'aiuto delle suore, nascose il combattente Alesini nel "Castillo" di Sanremo). Proprio in ricordo dei suoi, nel 2022 il sassofonista ha pubblicato il suddetto Un amore partigiano: curiosamente, è lo stesso titolo del libro di memorie di Iole Mancini ("staffetta" delle Brigate Garibaldi), uscito nel medesimo anno; ma in realtà questo EP del musicista romano è nato come commento sonoro per il libro (e audiolibro) La ragazza nella foto - un amore partigiano, di Donatella Alfonso e Nerella Sommariva. Poi il lavoro di Alesini ha assunto una dimensione autonoma, divenendo un disco tutto suo sul tema della Resistenza. In Un amore partigiano, il sassofonista evoca, in maniera a tratti onirica, le gesta del padre in lotta contro fascisti e tedeschi. La fluida narrazione (che ricorda il flusso di coscienza nelle opere letterarie) riepiloga i racconti del genitore.

Nell'album Dante, la coscienza civile è ancora più arricchita di suggestioni e visioni. Anzi tale coscienza - com'è di fatto nella Divina Commedia - serve a traslare le visioni profetiche fino ai nostri giorni.
Letteratura, teatro, danza: Nicola Alesini spesso integra la sua musica con altre forme d'arte. Parola, gestualità e immagine si incontrano e si fondono nelle sue creazioni pentagrammate. Che, non per caso, sarebbero e sono ideali soundtrack cinematografici.


Dante, album in digitale, MP & Records. Su tutti gli stores digitali. Maggiori infos: qui

Alesini ha lavorato con musicisti del calibro di Glen Velez, Hans Joachim Roedelius, David Sylvian, Roger Eno, David Thorn, Harold Budd, Steve Jansen, Richard Barbieri. Sylvian ha inserito due brani di Alesini nel suo doppio album antologico Anything and Nothing.




     Recenti collaborazioni

  Tim Bowness - Butterfly Mind  (Inside Out Music, Sony Music 2022)
   Nicola Alesini e Saro Cosentino - The Road To Now (Cat Sounds, 2022)
  Nicola Alesini e Theo Allegretti - In Search Of Light (Dodicilune Dischi, 2022)  

E poi c'è F.D.A., del 2006, dedicato a Fabrizio De André ed edito da il manifesto.  
Accolto con entusiasmo dalla critica, F.D.A. è un incontro con le musiche del grande artista genovese... senza voler per forza essere un disco di rielaborazioni di canzoni di De André. F.D.A. è un lavoro personalissimo di Nicola Alesini, in cui emerge il suo tipico stile a base di melodie e fraseggi che trasudano vita, passioni, sentimenti. In F.D.A., Alesini ha preso, di Faber, la nostalgia, l’ironia, l’amore e l’impegno, inserendovi  elementi della propria visionarietà compositiva. 12 pezzi, di cui 8 appartenenti al repertorio più conosciuto del primo De André: "Bocca di Rosa", "Amore che vieni amore che vai", "Il Testamento di Tito"... 4 sono i brani originali. Uno di questi, "Per F. & L.", ispirato all’incontro tra Fabrizio De André e Luigi Tenco, riesce particolarmente romantico e struggente, grazie anche alla straordinaria complicità dei Radiodervish, che con Alesini firmano il pezzo.

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Recensione di Cities (con Saro Cosentino)






mercoledì 15 marzo 2023

'Equinox', di John Coltrane

Un grande brano di un grande disco:


"Equinox"- traccia contenuta in Coltrane's Sound

℗ 1964 Atlantic Recording Corporation for the United States and WEA International Inc. for the world outside of the United States.



Drums: Elvin Jones
Tenor Saxophone: John Coltrane
Piano: McCoy Tyner
Bass Guitar: Steve Davis


Producer: Nesuhi Ertegun
Engineer: Tom Dowd

Writer: John Coltrane




Questo "jazz standard" deve il titolo a un suggerimento della moglie di Coltrane, Naima. Il sassofonista era nato il 23 settembre 1926, proprio in corrispondenza con l'equinozio autunnale di quell'anno...


giovedì 2 marzo 2023

R.I.P. Wayne Shorter

 Wayne Shorter era un'icona del jazz, del sax. Suonò anche con i Weather Report. E con: Art Blakey and the Jazz Messengers, Miles Davis' Second Great Quintet, The Manhattan Project.





     "Duet" (Zawinul & Shorter, Weather Report)

sabato 21 gennaio 2023

I Nucleus



I londinesi Nucleus sono, insieme ai Soft Machine, tra i pionieri del jazz rock e della fusion.
Formati dal trombettista Ian Carr nel 1969, rimasero attivi per un trentennio.


 1969... e, sotto, live nel '74



Carr era una delle due "star" del Rendell-Carr Quintet, con cui raccolse molti applausi negli Anni Sessanta e dove, come pianista, figurava Michael Garrick (tra i jazzisti britannici più importanti in assoluto). 

Il nuovo progetto - appunto i Nucleus - rappresentò il Regno Unito al Festival di Montreaux del 1970... e si aggiudicò il primo premio. Quindi ci fu lo sbarco in America, con la partecipazione al Newport Jazz Festival.


 


I Nucleus incisero una dozzina di album e furono di ispirazione a tanti altri gruppi e artisti. Il loro suono (che includeva parti atonali) progredì negli anni, incorporando atmosfere e sonorità del rock progressivo e di quello psichedelico e, da circa la metà degli Anni Settanta, ritmi funk.


Lo stesso Ian Carr pubblicò ottimi libri sul jazz (Music Outside, 1973; Miles Davis: A Critical Biography, 1982; Keith Jarrett, The Man and his Music, 1992..) e curò alcuni programmi radiofonici per la BBC. La sua attività principale rimase la docenza.






Formazione iniziale:
 

Ian Carr (tromba/filicorno)
Karl Jenkins (piano, corno baritono, oboe)
Brian Smith (sassofono, flauto) 

Bernie Holland (chitarra)
Jeff Clyne (basso, chitarra basso) 

John Marshall (batteria)




 
Con il tempo nel gruppo si avvicendarono altri musicisti:


    Tromba e filicorno: Kenny Wheeler, Harry Beckett, Chris Batchelor
    Sax tenore, sax soprano, flauto: Bob Bertles, Phil Todd, Tim Whitehead
    Clarinetto, clarinetto basso, sax tenore: Tony Roberts, Tony Coe
    Piano e piano elettrico: Dave MacRae, Gordon Beck, Geoff Castle
    Chitarra: Chris Spedding, Allan Holdsworth, Jocelyn Pitchen, Ray Russell, Ken Shaw, Mark Wood
    Chitarra basso: Ron Mathewson, Roy Babbington, Roger Sutton, Billy Kristian, Mo Foster, Rob Burns, Dill Katz, Rob Statham, Joe Hubbard
    Batteria: Clive Thacker, Tony Levin, Bryan Spring, Roger Sellers
    Percussioni: Chris Karan, Trevor Tomkins, Aureo de Souza, Richard Burgess, Chris Fletcher
    Synthesizer: Keith Winter, Paddy Kingsland, Geoff Castle, Neil Ardley
    Voci: Norma Winstone, Joy Yates (moglie del pianista Dave MacRae), Kieran White
    Organo: John Taylor




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