venerdì 25 dicembre 2020

Neil Ardley

 Cosa doveva essere la scena jazzistica inglese negli Anni Sessanta e Settanta! Un interscambio di esperienze, amicizie che esistevano per la durata di un concerto e altre che duravano per tutta la vita, "ospitate" nei dischi dei colleghi, il portare a spasso il proprio talento anche in generi musicali diversi e poter arricchire così di continuo le proprie conoscenze e il proprio repertorio... 

Un amalgama interessante - a Londra e dintorni - fu quello tra il jazz e il rock, con il vento che soffiava da Canterbury. Musica immaginifica, piena di colori, a volte meditativa, quasi sempre capace di sorprendere.



Neil Ardley (1937-2004) fu una figura singolare, nel senso di interessantissima, della musica jazz inglese. Suonava il piano (partì dalla tradizione, amava Duke Ellington e Gil Evans) ma era anche uno scrittore che compilò diversi manuali e guide divulgative per ragazzi: di tecnica e scienza. Persino libri di ornitologia, e ovviamente di musica. Si contano oltre 100 volumi scritti da lui! 

 Illustrazione di World of Tomorrow, dove Neil Ardley prospettava un futuro del mondo alquanto... glaciale


Era laureato in chimica ma fin da bambino aveva questo interesse per la musica che lo avrebbe portato dapprima a dirigere la New Jazz Orchestra (celebre ensemble nato nel sud di Londra) e poi a pubblicare album che tendevano verso la sperimentazione. Il suo era un misto di jazz e classica con l'impiego dell'elettronica. 

Nei dischi di Ardley suonarono gli amici che aveva conosciuto nella New Jazz Orchestra: il trombettista scozzese Ian Carr (Nucleus), il batterista Jon Hiseman (John Mayall's Bluesbreakers, Colosseum, Barbara Thompson's Paraphernalia...), la moglie di Hiseman, ovvero la sassofonista Barbara Thompson (Colosseum, Keef Hartley Band, i propri Paraphernalia ecc.), Dave Gelly (critico musicale e presentatore radiofonico, nonché sassofonista), il trombonista e tastierista Michael Gibbs, il sassofonista, flautista, clarinettista Don Rendell e il batterista Trevor Tomkins (ex membro dei Gilgamesh, poi anche lui Nucleus).


Prendiamo uno di questi album: Kaleidoscope Of Rainbows, del  1976. L'elenco dei musicisti che hanno partecipato alla sua realizzazione si legge come il Who's Who della fusion britannica e del prog canterburiano.



- Synthesizer: Neil Ardley * (Nucleus, Jon Hiseman, John Martyn)
- Tromba, flicorno: Ian Carr (Nucleus)
- Piano elettrico, synth – Dave MacRae (Matching Mole, Nucleus, Soft Machine)
- Basso: Roger Sutton (Nucleus,B rian Auger)
- Percussioni, vibrafono: Trevor Tomkins (Gilgamesh, Nucleus)
- Chitarra: Ken Shaw
- Batteria: Roger Sellers (Nucleus)
- Sax, flauto: Barbara Thompson 
- Sax: Bob Bertles (Nucleus)
- Violoncello: Paul Buckmaster (3rd Ear Band)
- Tastiere: Geoff Castle (Nucleus)
- Sax, clarinetto: Tony Coe (Nucleus)
- Sax, flauto, flauto alto (soprano): Brian Smith (Nucleus)


Armonia delle sfere

La musica di Ardley ha in sé un quantum di ingenuità voluta, con i tempi e il ritmo mantenuti abbastanza semplici ma con la libertà di improvvisare. Ardley cerca l'approccio etereo a questa variante moderna del jazz, con l'aggiunta di synth polifonici. È una musica che "bazzica" nell'universo di note tradizionale ma che presenta dissonanze ed effetti spaziali. Conseguenza: i suoi dischi sono "aldilà" dell'ascolto normale. Non possono accontentare i puristi del jazz né gli amanti del rock progressivo sinfonico, ma solo coloro che sono aperti a nuovi suoni (in quegli anni, sì, erano abbastanza nuovi) e che sono pronti a lasciarsi trascinare in una dimensione dove il tempo e lo spazio sono distorti.



Don Rendell, Ian Carr, Neil Ardley
Greek Variations & Other Aegean Exercises





domenica 6 dicembre 2020

Dave Brubeck - per il centenario della nascita

»Mr. Cool«, ambasciatore del jazz.  Parliamo di Dave Brubeck: nato cento anni fa (6 dic.), morto otto anni fa (5 dic.) 

"Take Five" è probabilmente il più grande successo jazz di tutti i tempi. Meno noti sono i i tour di Dave Brubeck al di là della Cortina di Ferro e il suo impegno sociale, in patria. Il pianista e compositore originario di una piccola città del Massachusetts non volle tuttavia mai lasciarsi etichettare e rifuggì i cliché.



  Dave Brubeck (Concord, 6 dicembre 1920 – Norwalk, 5 dicembre 2012)

Era figlio di un allevatore di bestiame. Nato oggi come 100 anni fa, a quattro anni iniziò a imparare il pianoforte grazie a sua madre. Da giovane preferiva improvvisare anziché attenersi allo spartito. "Era un tipo solitario e non convenzionale, che seguiva la propria via" disse di lui il suo insegnante Darius Milhaud (1892-1974), compositore francese che era emigrato negli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale. 
Nel 1943 Brubeck dovette interrompere gli studi di composizione (in California) a causa della chiamata alle armi e per qualche tempo diresse un'orchestra militare in Europa. Nel 1945 fu di stanza a Norimberga.
"Stavamo provando con una banda militare all'interno di una fabbrica. Sebbene all'epoca la fraternizzazione fosse proibita, feci amicizia con un giovane tedesco. Si chiamava Hans Hermann Flüger, aveva soltanto 19 anni e aveva perso una gamba sul fronte orientale. Quel ragazzo aveva zoppicato per miglia sulle sue stampelle per venire ad ascoltare la nostra musica! La cosa mi toccò tantissimo." 
 Dopo il servizio militare, tornò all'università e, mentre ancora studiava, fondò un ottetto d'avanguardia che mirava a mischiare forme classiche di musica con il jazz. Brubeck trovò il suo pubblico dopo aver fondato un quartetto con il suonatore di sax contralto Paul Desmond

 Dave Brubeck Quartet

 Paul Desmond



Leggero, lirico e fluttuante, lo stile di esecuzione di Desmond formava un attraente contrasto con gli accordi pianistici di Brubeck. Accompagnati da basso e batteria, i due eseguivano contrappunti improvvisati sulla base di armonie estese e seguendo indicazioni di tempo inusuali (anche valzer) e, a sorpresa, arrivò il loro grande successo "Take Five". Il pezzo, in 5/4, si sviluppò sulla base di una melodia che Desmond aveva composto nel 1959. 
Ci vollero due anni affinché "Take Five" iniziasse veramente a scalare le classifiche ma, quando lo fece, non si fermò più, ed è oggi considerato il single jazz più venduto di tutti i tempi. 

Paul Desmond ha dichiarato: "Quando Dave è al suo meglio, ascoltarlo suonare diventa un'esperienza che commuove il cuore e nel contempo la mente". 
I due musicisti deliziarono una generazione di studenti. Il quartetto viaggiava instancabilmente da un college all'altro. Le registrazioni di quei concerti apparvero nel 1954, nell'LP Jazz Goes To College. Dopo di ciò, la rivista Time regalò a Brubeck la copertina, definendolo "il più stimolante di tutti i nuovi artisti jazz" (cinque anni prima, era stato Louis Armstrong a venire onorato così dal prestigioso magazine). 





 La notizia del titolo su Time (con il suo volto a bella posta "colored") giunse a Dave Brubeck il 4 novembre a San Francisco, durante un tour cui prendevano parte anche Duke Ellington e la sua orchestra. "Bussarono alla porta della mia camera d'albergo alle sette del mattino" raccontò Brubeck (così si può leggere nel libro Jazz, di Ken Burns). "Ellington mi si piazzò di fronte e disse: Dave, sei sulla copertina di Time." La reazione di Brubeck fu: "Ma no! Avresti dovuto esserci tu!" 
Brubeck ammirava Duke Ellington e lo riteneva il compositore più importante d'America. Gli dedicò anche un brano: "The Duke". 



 Dopo aver conquistato l'America, il gruppo di Brubeck iniziò a viaggiare per il mondo. Nel 1958 Dave arrivò dalla Scandinavia a Berlino (che non era ancora divisa dal Muro) insieme ai suoi figli Dario e Michael e a sua moglie Iola. E ottenne i visti di transito per la Germania Orientale e per fare il tour in Polonia. 
Con i suoi compagni salì su un treno... ma a Francoforte sul Meno (nella Germania Ovest) anziché a Francoforte sull'Oder (città della DDR)! Gli altri passegeri spiegarono agli americani qual era stato il loro sbaglio. Il gruppo scese precipitosamente e si mise a cercare finché non trovò la giusta coincidenza verso l'Est. Ricordiamoci che periodo era quello...





"Chi è Mr. Cool?" 

 Altro problema al confine polacco. Le guardie di frontiera, probabilmente ignare di jazz, si aspettavano un "Mr Cool" (così un quotidiano di Varsavia aveva annunciato la venuta di Brubeck, pubblicando anche una sua maxi-foto). Prima di poter passare, Brubeck e i suoi dovvetero convincere le guardie che il vero nome del musicista non era "Mr. Cool"... 

Per buona parte della Guerra Fredda, Brubeck rappresentò un'"arma" dell'occidente in una competizione parallela a quella degli armamenti: fu infatti una delle punte di diamante nella competizione culturale tra i due grandi sistemi politici. L'URSS, comunista, aveva inviato il Balletto del Bolshoi in America; gli Stati Uniti, capitalisti, come potevano opporsi? Con la musica, e in particolare mobilitando i grandi del jazz. 
Il Dipartimento di Stato americano finanziò le esibizioni del Dave Brubeck Quartet in Paesi del blocco orientale così come in alcuni del Terzo Mondo. 
 Nel 1958, sul New Yorker, apparve un fumetto che riassumeva questa strana forma di scambi diplomatici. La vignetta illustrava una riunione alla Casa Bianca a proposito di "una missione estremamente delicata". Lì, un partecipante chiede: "Sarà meglio mandare John Foster Dulles o Satchmo?"
 (Il primo era Segretario di Stato durante la Presidenza Eisenhower, convinto anticomunista; "Satchmo" era il nomignolo di Louis Armstrong.) 



Ma Dave Brubeck notò bene le incongruenze insite nell'offensiva di public relations che sfruttava i talenti del jazz. Nel mondo, le band statunitensi, composte da musicisti bianchi e neri, davano degli USA un'immagine di armonia, di intesa perfetta, mentre invece la segregazione razziale era ancora una realtà - realtà prevalente soprattutto negli stati meridionali americani. 
Questa problematica fu anche un soggetto del musical satirico The Real Ambassadors, che Brubeck scrisse insieme a Iola. 

La segregazione razziale non era accettabile per lui. Ogni volta che il promotor o l'emittente televisiva gli chiedeva di sostituire il suo bassista nero, Eugene Wright, Dave cancellava il concerto, la gig, l'apparizione in TV. 

I musicisti jazz impararono anche a usare i loro incarichi di rappresentanza all'estero per esercitare pressioni nella propria patria. Nel 1957, Louis Armstrong rifiutò di viaggiare in Unione Sovietica perché ai bambini neri di Little Rock, Arkansas, fu rifiutato l'ingresso a scuola. 



Il suo ottantesimo compleanno (6 dicembre 2000) Brubeck lo trascorse a Milano. A quell'età ancora andava in tournée... Poche settimane prima, era stato operato agli occhi. Il musicista raccontò che, dopo l'operazione, disse alla moglie: "Trovo fantastico che sei tornata a metterti il rossetto!"
Iola Brubeck ribatté: "Ma io mi metto sempre il rossetto! Eri tu che non ci vedevi più". 
Il grande musicista si rischiarò tutto, contento come un bambino, ed esclamò: "Sono tornati i colori!" 

Il tour europeo che seguì fu uno di quelli che gli diedero maggiore soddisfazione. 

 Una vita insieme: Mr. e Mrs. Brubeck




Questo scritto usa diverse informazioni tratte dall'articolo di Hans Hielscher apparso sullo Spiegel "Mr Cool, der Jazz-Diplomat".

 Altre informazioni su Dave Brubeck sono contenute in un post scritto subito dopo la sua morte sul blog Topolàin: "Addio a Dave Brubeck".



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Un paio di vinili o tre:








sabato 5 dicembre 2020

Now live! Jazz in streaming

 A questo indirizzo di Youtube:


Now live!
Jazz in streaming:


EXTENDED SINGULARITY - Sigurtà, Onorati, Evangelista, Paternesi

giovedì 3 dicembre 2020

Piacevolissimo gruppo vocale: The Mills Brothers

I Mills Brothers sono un gruppo vocale jazz e pop statunitense, nato nel 1928 e tuttora in attività attraverso i suoi eredi musicali. 

Il gruppo era composto originariamente da quattro fratelli afroamericani, nati a Piqua (Ohio): John Jr. (19 ottobre 1910 - 23 gennaio 1936) basso (voce) e chitarra, Herbert (2 aprile 1912 - 12 aprile 1989) tenore, Harry (19 agosto 1913 - 28 giugno 1982) baritono e Donald Mills (29 aprile 1915 - 13 novembre 1999) tenore solista.


Il padre, John Sr., aveva costituito in precedenza un gruppo vocale di musica "barbershop" (un tipo particolare di musica a cappella), dal nome "Four Kings of Harmony". La madre, Ethel, si era dedicata alla musica operistica (opera buffa e dintorni). I fratelli cominciarono a loro volta a esibirsi nei cori di alcune chiese di Piqua e successivamente alla Piqua's Mays Opera Hous", creando il loro inconfondibile stile, basato sull'imitazione vocale degli strumenti dell'orchestra: John imitava la tuba, Harry la tromba, Herbert la seconda tromba e Donald il trombone. L'idea nacque casualmente quando Harry, avendo perso il suo kazoo, cominciò a imitare la tromba con le mani a coppa sulla bocca.

Nel 1928 si esibirono alla WLW, una radio di Cincinnati, e nel 1930 cantarono alla CBS Radio di New York; effettuarono la loro prima registrazione con la Brunswick Records, mentre nel 1934 presero a incidere per la Decca. Nel 1932 iniziarono le loro partecipazioni cinematografiche, con The Big Broadcast.

Nel 1936 John Jr. morì per le conseguenze di una polmonite, e i fratelli pensarono di sciogliere il gruppo ma, dietro consiglio della madre, proseguirono l'attività: il padre, John Sr., sostituì John Jr., e al complesso si unì Norman Brown come chitarrista.

Nel 1943 il disco "Paper Doll" raggiunge la prima posizione nella Billboard Hot 100 per 12 settimane, fino ad oggi ha venduto 11 milioni di copie e nel 1998 ha vinto il Grammy Hall of Fame Award.

Nel 1944 il disco "You Always Hurt the One You Love" raggiunge la prima posizione nella Billboard Hot 100 per 5 settimane.

Nel 1957 John Sr., all'età di 68 anni, lasciò il gruppo, che proseguì come trio.

Nel 1976, in occasione del cinquantesimo anniversario di attività, i Mills Brothers si esibirono al Dorothy Chandler Pavilion di Los Angeles, presentati da Bing Crosby. Successivamente, dopo la scomparsa di Herbert nel 1989, e di Donald nel 1999, il complesso proseguì la sua attività con John III, figlio di Donald, cui si unì Elmer Hopper, che aveva cantato con i Platters. Nel 1998 il gruppo ottenne il Grammy Award alla carriera.